Un’altra notizia rischia di agitare le turbolente acque del mondo bancario e finanziario. Mentre in Svizzera è stato favorevolmente approvato il referendum che impone un tetto ai superbonus e, soprattutto, la riconduzione della scelta dello stipendio ai manager in capo all’assemblea degli azionisti, Hsbc ha chiuso il 2012 con utili in calo, ma erogando uno stipendio da Paperone al suo chief executive officer. Una notizia che non ha mancato di suscitare particolari clamori mediatici.
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Ferragamo e Luxottica promosse da HSBC
HSBC ha appena pubblicato una discreta sfilza di revisioni sui propri giudizi su alcune delle principali società di Borsa Italiana. Giudizi che in parte, fortunatamente, sembrano essere migliorativi rispetto all’estrema cautela (o, addirittura, l’evidente negatività) che aveva contraddistinto la precedente ondata di consigli e di raccomandazioni su alcuni dei protagonisti di Piazza Affari.
Cominciamo con Luxottica: HSBC ha scelto di migliorare il giudizio sulla compagnia italiana portando il proprio consiglio da “underweight” (ovvero, “sottopesare”) all’attuale raccomandazione di neutralità. Molto significativo è stato l’incremento del target price, con prezzo obiettivo slittato rapidamente dalla precedente quota di 19,5 euro all’attuale quota di 28,5 euro.
Per Hsbc possibile dividendo in crescita
La Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (Hsbc), uno dei maggiori gruppi bancari al mondo, sarà protagonista oggi della pubblicazione dei propri risultati relativi al 2011, quindi c’è un certo fermento tra gli azionisti, i quali sono interessati a conoscere nel dettaglio i risultati dello scorso anno: le attese più attendibili parlando di un aumento importante dei profitti, una certezza che deriva soprattutto dal graduale recupero dell’economia americana e da una buona esposizione ai mercati emergenti. Volendo essere ancora più precisi, la performance relativa agli investimenti bancari dovrebbe consentire di ottenere un buon ricavo, anche se inferiore nel confronto a quello di altri istituti importanti, quali Barclays e Royal Bank of Scotland.
Hsbc, i costi operativi impongono nuovi licenziamenti
Hong Kong and Shanghai Banking Corporation, gruppo bancario britannico meglio conosciuto con l’acronimo Hsbc, è l’istituto più grande di tutta Europa, eppure i problemi interni non sono di poco conto: quello più urgente riguarda il fronte occupazionale, con il probabile licenziamento di trentamila dipendenti entro i prossimi due anni, circa il 10% dell’intera forza lavoro. Il motivo di un piano così drastico è presto detto, in effetti i costi devono essere meglio gestiti e non è più possibile farlo con dei salari tanto alti. Nel dettaglio, i tagli lavorativi e le chiusure degli uffici dovrebbero portare a una riduzione dei costi complessivi superiore ai 3,5 miliardi di dollari da qui al 2013.
Per Hsbc è il momento di puntare ai mercati emergenti
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Dubai World, rischio default: ecco chi deve tremare
Dubai World – holding dell’emirato – ha chiesto lo scorso mercoledì che venissero congelati per sei mesi i debiti accumulati (la bellezza di 59 miliardi di dollari): sono seguiti giorni di preoccupazione e ripercussioni anche sui mercati finanziari. Così, mentre gli sceicchi si apprestano a festeggiare il 38esimo anniversario dell’indipendenza di Abu Dhabi con il “più grande spettacolo pirotecnico nella storia dell’umanità” (fonte, il quotidiano Al Ittihad), crescono ancora i credit default swaps (Cds), ovvero il costo per assicurare il debito sovrano dell’emirato del Golfo, attestandosi a 708,96 punti base (+31% rispetto a ieri). In soldoni: occorrerebbero 708mila dollari per assicurarsi per cinque anni 10 milioni di dollari di debito sovrano.
Intanto, il primo effetto immediato di quanto accaduto al Dubai World sta nel fatto che Dubai è ora nelle posizioni di vertice all’interno della classifica dei paesi a rischio default: in vetta l’Ucraina con una probabilità che oscilla attorno al 57%, stessa probabilità anche per il Venezuela; segue al terzo posto l’Argentina, con una probabilità di default preventivata per il 46% e a ruota c’è proprio Dubai, il cui rischio default e del 39%.
Rispetto alla situazione attuale negli Emirati è peraltro intervenuto più di un esperto economista:
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