La FED taglia ancora i tassi

La Federal Reserve è tornata a tagliare il tasso di sconto Usa, ieri ha effettuato una riduzione di 0,75 punti percentuali al 2,50 per cento. Proprio domenica, la Fed aveva tagliato il tasso di sconto dal 3,5% al 3,25 per cento . Nel comunicato che ha accompagnato la decisione di tagliare i tassi la Fed fa capire di essere pronta ad agire ancora, se necessario. Nella nota si legge che

le recenti informazioni indicano che l’outlook sull’attivita’ economica si e’ ulteriormente indebolito, la crescita della spesa in consumi e’ rallentata e il mercato del lavoro si e’ indebolito, anche i mercati finanziari restano in notevole stress e l’irrigidimento delle condizioni del credito e il peggioramento della contrazione immobiliare probabilmente peseranno sulla crescita economica nei prossimi trimestri.

Cina: inflazione in crescita da 11 anni, diminuisce la massa monetaria

In Cina rallenta la crescita della massa monetaria segnando a febbraio un +17,5% rispetto all’anno precedente. Lo comunica la Banca Popolare della Cina sul suo sito web. Il dato segue il +18,9% registrato a gennaio ed è leggermente inferiore al +17,8% atteso dagli economisti. Gli investimenti diretti stranieri in Cina a febbraio hanno evidenziato un aumento del 38%, alimentando i timori per la crescita della liquidità e dell’ inflazione. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente gli investimenti stranieri sono saliti all’equivalente di 6,9 miliardi di dollari, facendo totalizzare nei primi due mesi del 2008 un rialzo del 75% a 18,1 miliardi di dollari.

Nuovo record della moneta unica: quasi 1,53 sul dollaro

Non si ferma la corsa dell’euro nei confronti del dollaro. La moneta unica segna un nuovo record e tocca quota 1,5275 sul biglietto verde. E sulla scia della debolezza del dollaro, l’oro ha toccato a New York il nuovo record a 990 dollari l’oncia. Nuovo record anche del petrolio che a New York ha toccato quota 103,95 dollari al barile. Lo yen e lo yuan sono sottovalutati, l’euro e’ sopravvalutato e il dollaro continua a scendere. Le conseguenze sono: Cina e Giappone divengono sempre più competitive sul mercato internazionale ed i loro prodotti sono sempre più richiesti, proprio perché il loro controvalore in euro o in dollari è veramente basso. Con la crisi dei mutui subprime esiste il serio rischio che le difficolta’ americane si estendano alle economie di molti Paesi. Se la crisi dei mutui e quella ancora potenziale degli assicuratori dovesse contaminare piu’ seriamente l’economia reale riducendo la fiducia e i consumi dei privati, allora il prezzo verrebbe pagato dalle economie di tutti i Paesi. La prima linea di difesa e’ stata quella della Fed e della Bce che ha iniettato liquidita’ per evitare la crisi. La Bce svolge

un lavoro molto buono ed e’ indipendente.

Questa è la posizione del commissario Ue Joaquin Almunia, secondo il quale l’euro riflette la superpotenza della Bce.

Immobili statunitensi in saldo per gli europei

Il collasso dei prezzi della case negli Stati Uniti sta macinando un record dopo l’altro, calando ancora dell’8,9% rispetto allo scorso anno. Mai nei 20 anni di storia dell’indice dei prezzi delle case statunitensi si era assistito ad un tale ribasso. Nel biennio 1990-91, quando ci fu una recessione nei prezzi delle case l’indice segnò un ribasso del 2,8%. Anche l’inflazione statuntense batte un colpo, salendo nel mese di gennaio più del previsto: +0,4% contro l’atteso 0,3%. Negli ultimi 12 mesi è salita del 4,3%, con il conseguente aumento dei prezzi dei beni alimentari e dell’energia.

Il calo dei prezzi delle case va di pari passo con l’aumento dei tassi di interesse e sono sempre di più coloro che non riescono a pagare le rete del mutuo. Nel mese di gennaio infatti abbiamo assistito ad un vero e proprio boom dei pignoramenti (+90%).

Nel frattempo anche l’euro segna un record oltrepassando la soglia psicologica dell’1.50 nei confronti del dollaro. Tutti questi fattori spingono gli europei ad investire comprando case negli Stati Uniti.

Associazioni consumatori: rincari maggiori di quelli dichiarati dall’ISTAT

Il pane costa il 12,3% in più rispetto a gennaio 2007. La pasta è aumentata del 10%, il latte dell’8,7% e la carne del 3,6%. Il tasso d’inflazione attuale è al 2,9%, il valore più alto dal 2001, ma se consideriamo, però, esclusivamente i prodotti ad “alta frequenza di consumo”, cioè tutti quei prodotti che acquistiamo ogni giorno (alimentari, bevande, spese per l’affitto, carburanti, giornali, spese per il bar, tabacchi, ecc.), l’inflazione sale al 4,8%. Una crescita dei prezzi così consistente non si registrava da undici anni.

Ma quanto peseranno nelle tasche degli italiani questi aumenti? Secondo le associazioni dei consumatori nel 2008 spenderemo all’incirca mille euro in più rispetto al 2007. Purtroppo i salari crescono molto più lentamente rispetto ai prezzi, questo spinge gli individui a ridimensionare i propri consumi e gli italiani oltre che faticare ad arrivare alla fine del mese sono sempre più indebitati. Sale il numero di coloro che contraggono piccoli prestiti per far fronte a spese correnti o ad acquisti mirati (tv, auto, ecc.), sale il numero delle famiglie che vivono sotto la soglia di povertà: oltre 5 milioni, concentrate per la maggior parte nel Mezzogiorno del paese .

Crescita europea in calo, Italia ultima della classe

Ultimo quarto trimestre del 2007 in rallentamento per l’Europa: lo 0,4% da settmebre a dicembre, contro lo 0,7% del trimestre estivo. Un rallentamento leggero ma che non poteva preannunciare nient’altro che un taglio delle stime per il 2008. E così è stato: inflazione elevata ed in crescita, congiuntura internazionale negativa e rialzo delle materie prime. La zona euro crescerà appena dell’1,8% nell’anno in corso.

L’inflazione sarà al 2,9% nell’Ue e del 2,6% nella zona euro e secondo le stime non ritornerà a livelli normali fino all’ultimo trimestre. Dalla commissione europea arrivano comunque parole rassicuranti, soprattutto per le economie europee più robuste, e la certezza che non servano pacchetti fiscali stile “Bush”.

Nel dettaglio la Germania crescerà dell’1,6%, la Francia dell’1,7%, la Spagna del 2,7%. E l’Italia? Per noi il discorso è un po’ diverso. Mentre le altre grandi economie europee possono contare, parola di Almunia, su

buoni fondamenti,

noi rappresentiamo “l’ultimo della classe“.

Fed: USA in stagnazione, possibili ulteriori tagli tassi a marzo

La Federal Reserve resta pronta ad agire sui tassi, la crescita statunitense attraversa un periodo di stagnazione. Il presidente della Federal Reserve di San Francisco, Janet Yellen, ritiene piuttosto probabile che l’economia Usa sperimentera’ una crescita lenta, e non una vera e propria recessione, nei prossimi trimestri. Dello stesso parere è Ben Bernanke, secondo il quale l’inflazione dovrebbe moderare e le attese rimangono comunque sotto controllo, l’economia americana attraverserà un periodo di crescita modesta nei primi trimestri del 2008, ma dovrebbe riprendere velocità verso la fine dell’anno, per cui anche Bernanke ha escluso la recessione per l’economia Usa, anche se il rallentamento sarà inevitabile. Inoltre Bernanke alla Commissione bancaria del Senato ha precisato che tutte le banche che vengono supervisionate, restano con posizioni capitali forti e non esiste alcun rischio imminente di alcuna insolvenza, non esistono minacce che le crescenti perdite legate alle turbolenze relative ai mutui subprime possano determinare insolvenze bancarie, tuttavia la situazione del mercato finanziario rimane delicata.

Tasse locali: liguri e toscani i più vessati, in fondo alla classifica il Sud

L’aumento dei prezzi dei carburanti e delle bollette della luce e del gas hanno subìto delle vere e proprie impennate. Se sommiamo anche l’incremento delle tasse locali, tutto cio’ ha prosciugato abbondantemente i tagli dell’Irpef. Anzi, il saldo e’ sicuramente negativo. Gli italiani hanno speso nel 2006 circa 333 euro solo per le principali tasse locali, e cioe’ per le addizionali regionali e comunali Irpef e l’Ici. Tra il 2001 e il 2006 la crescita e’ stata pari a 70 euro. Una variazione, in questi 5 anni, del +26,3% contro un aumento dell’inflazione, sempre nello stesso intervallo di tempo, del 12% e del 3.7% del Pil nazionale. Questi dati emergono da un’indagine dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che da anni fa un monitoraggio molto attento sull’andamento delle tasse locali. In base ai calcoli dell’Istituto, riferiti all’anno 2005, sul podio dei cittadini più vessati, oltre ai liguri, siedono anche i toscani (con 682,4 euro l’anno in media per abitante tra Ici, Tarsu, addizionali comunali ed altre imposte locali) e gli emiliani (675,3 euro), che superano di pochi centesimi i friulani (674,5 euro). Oltre i 600 euro anche lombardi e i laziali. All’opposto, invece, i pugliesi fanno compagnia a siciliani e lucani, con un’imposizione per tutti inferiore ai 350 euro. Gli enti locali calabresi chiedono 372,5 euro l’anno per ogni abitante della regione. Guardando a macro-aree, è il Centro a pagare di più, con 639,2 euro, contro i 381,9 del Sud e i 625,8 del Nord.

Politica monetaria: oggi si riunisce Bce, improbabile immediato taglio dei tassi

La recessione negli Stati Uniti e le sue conseguenze sull’economia europea spingeranno la Bce ad ammorbidire i toni e ad aprire, seppure solo in prospettiva, la porta verso un taglio dei tassi di interesse? E’ iniziata poche ore fa all’Eurotower la riunione mensile del Consiglio direttivo della Bce che dovra’ decidere eventuali mosse sui tassi di interesse dell’Eurozona. Alla riunione e’ presente anche il commissario Ue per gli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia. Gli analisti sono sempre più convinti che l’Eurotower taglierà il costo del denaro entro il secondo trimestre, tuttavia Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, ha dichiarato esplicitamente che la Bce non seguirà la Fed, che in otto giorni ha portato i tassi dal 4,25 al 3 per cento. Per un eventuale taglio del tasso di riferimento, comunque, la Bce dovrebbe attendere almeno marzo, quando cioè saranno diffuse le nuove stime di crescita. Nelle ultime settimane l’aggravarsi delle prospettive di crescita economica degli Usa, e la linea seguita dalla Federal Reserve, con decisi tagli sul costo del danaro, avevano fatto aumentare le pressioni sull’istituzione di Francoforte, affinché a sua volta abbandonasse la sua fermezza sulla lotta all’inflazione e si orientasse verso una riduzione dei tassi di interesse. D’altra parte Francoforte non può nemmeno ignorare i chiari segnali di rallentamento dell’economia. La conferma dei rischi per l’Europa che esistono anche su questo versante, sulla scia della tanto discussa recessione degli Usa, è giunta oggi dai dati sui direttori di acquisto (l’indice Pmi). Il valore di gennaio è stato consistentemente rivisto al ribasso, a 51,8 punti dai 53,3 di dicembre.