Accordo Vodafone-Telefonica per la condivisione delle reti di telecomunicazione mobile in Europa

 Vodafone e la spagnola Telefonica hanno annunciato la decisione di integrare le loro reti di telecomunicazione mobile in alcuni Paesi di competenza. Nello specifico l’accordo tra i due operatori prevede la condivisione delle infrastrutture in Spagna, Germania, Irlanda e Gran Bretagna per un risparmio decennale di circa centinaia di milioni di euro. Scopo principale dell’intesa è quello di far fronte alla crisi economica attraverso la cooperazione e il conseguente abbattimento dei costi. Previsti vantaggi anche per i clienti delle due compagnie:

Telefonica e Vodafone approfitteranno dei loro accordi per facilitare la diffusione delle loro rispettive reti, migliorando allo stesso tempo la qualità del servizio a lungo termine per i loro clienti e l’esperienza dell’utente di telefonia mobile, portando l’offerta di servizi come la banda larga mobile a un maggior numero di clienti su una maggiore area di copertura.

Crisi, allarme Europa. Italia, Pil a -2%. E la Fiat tratta con Chrysler

L’ombra della crisi sull’Europa. Non è una novità, ma questa volta è il Commissario Ue agli Affari economici e monetari Joaquin Almunia a parlare. L’Europa arretra ed esplode il deficit. In previsione, il prodotto interno lordo della zona euro scenderà dell’1,8%. In Italia, naturalmente, calerà ulteriormente: 2% – come previsto anche in precedenza dagli analisti della Banca d’Italia. Saranno 12 nazioni europee (compresa, sempre naturalmente, l’Italia), a vedere un superamento dei limiti del Patto di Maastricht del disavanzo pubblico.

I dati di previsione diffusi da Bruxelles non sono incoraggianti: si stimano, infatti, 3,5 milioni di disoccupati in più l’anno prossimo in Europa.

Parole chiare:

La situazione economica e la prospettiva rimangono eccezionalmente incerte, mentre il mondo fronteggia la sua crisi peggiore dal tempo della Seconda guerra mondiale

L’Irlanda punta sugli investimenti bancari: in prima fila c’è Bank of Ireland

 Il governo irlandese ha annunciato che esiste una concreta possibilità di poter investire insieme agli altri partiti all’interno sistema bancario nazionale, dato che i prestatori del paese nordeuropeo stanno tentando di rinvigorire il capitale, quasi completamente esaurito dalla crisi finanziaria globale e dalla conclusione del boom nelle proprietà decennali. Come ha fatto sapere Brian Lenihan, ministro delle finanze  irlandese:

In alcune circostanze sarebbe più appropriato per lo Stato, attraverso il National Pensions Reserve Fund o in altri modi, di considerare di integrare gli investimenti privati.

La Irish Association of Investment Managers, i cui dodici membri gestiscono circa 260 miliardi di euro, ha fatto sapere proprio questa settimana di essersi rivolta allo stesso Lenihan a nome delle principali istituzione di investimento, al fine di immettere nuovo denaro nei quattro prestatori pubblici del paese. C’è però da precisare che l’associazione, la quale ha sede a Dublino, non ha precisato di quali istituzioni si tratta. Le banche irlandesi stanno attualmente affrontando un periodo difficile a causa delle crescenti perdite nei prestiti ipotecari e per la caduta del proprio profitto. Mentre il governo ha garantito i depositi e i prestiti per i suoi sei maggiori prestatori, ha posto invece un freno agli investimenti nelle banche da parte degli altri stati europei.

Quanto è complesso fare “impresa” in Italia

Fare l’imprenditore di questi tempi non è semplice, probabilmente non lo è mai stato, nel carattere di chi fa impresa elementi come tenacia e perseveranza sono aspetti fondamentali, però in Italia non basta.
Nel nostro paese avviare un’attività ha dei costi elevati rispetto agli altri paesi. La partenza o se preferite la fase di “start-up” costa da noi, ben undici volte di più di quanto non costi in Francia.
In Italia per iniziare servono almeno 3500 euro, per quanto riguarda l’Europa, in Francia bastano 300 euro, nel Regno Unito 207 euro ed in Irlanda solo 95 euro, il paese dove però si paga meno è la Nuova Zelanda, qui le aziende per iniziare spendono solo 41 euro.