La società petrolifera milanese Saras, controllata dalla famiglia Moratti, e il colosso russo Rosneft hanno sottoscritto a Monaco una lettera di intenti per la costituzione di una joint venture paritetica per la commercializzazione e la lavorazione di petrolio greggio e per vendere prodotti petroliferi. In realtà la notizia era attesa ormai da un po’ di tempo, visto che il 17 settembre scorso Igor Sechin, presidente della società russa, e Gian Marco Moratti, presidente della società italiana, avevano già gettato le basi per una collaborazione tra le due aziende.
Moratti
Saras trimestrale al 30 settembre 2012
Saras ha ufficialmente comunicato di aver chiuso i primi 9 mesi del 2012 con una perdita netta pari a 7,7 milioni di euro, a fronte di un utile di 80,1 milioni di euro registrato nello stesso periodo del 2011. Stando a quanto affermato dalla nota societaria, la perdita netta adjusted si sarebbe attestata a quota 16,4 milioni di euro, in miglioramento rispetto alla perdita di 28,8 milioni di euro registrata nei primi 9 mesi del 2011. I ricavi si attestano invece a 8.940 milioni di euro (+10 per cento su base annua), l’Ebitda a 202,1 milioni di euro (-41 per cento su base annua), l’Ebitda comparable a 199,7 milioni di euro (-5 per cento su base annua), l’Ebit a 46,9 milioni di euro (-75 per cento su base annua), mentre l’Ebit comparable a 44,5 milioni di euro (- 15 per cento su base annua).
I dubbi che aleggiano sul collocamento di Saras mettono ancora più nervosismo alla borsa
Fa veramente impressione leggere le ultime indiscrezioni uscite sulle indagini effettuate nei confronti dei fratelli Moratti, a proposito del collocamento in Borsa della Saras, le cui azioni emesse in collocamento a 6 euro hanno perso solo il primo giorno il 10% e ad oggi hanno perso quasi il 50% del loro valore. Si spera ardentemente che la procura faccia luce sulla vicenda e scagioni i due fratelli Moratti, sulla cui signorilità si sono consumati da tempo fiumi di inchiostro. Ma certo è che a cominciare dai casi Parmalat, Cirio per finire ai bond argentini e agli ingressi in Borsa di società che poi falliscono o quelle che escono dal listino dopo un anno o due dal collocamento stesso, rendono questo paese sempre meno credibile dal punto di vista economico e finanziario e la nostra Borsa un posto poco raccomandabile per grandi investitori istituzionali esteri, come per esempio i grandi fondi sovrani che fino a questo momento sono stati fuori da Piazza Affari, puntando perfino sulla piccola Borsa di Madrid.
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