Assume dei contorni sempre più preoccupanti l’andamento dei mercati asiatici nel 2008. E’ infatti decisamente impietoso il ritratto che si può ricavare dalla lettura delle variazioni percentuali degli indici asiatici da inizio anno: Topix (Tokyo) -12,51%; Nikkei 225 (principale segmento della borsa di Tokyo) -13,98%; Hang Seng (indice di Hong Kong) -26,48%; Shanghai (indice della borsa cinese) -50,21%; Shenzhen (altro indice cinese) -46,66%; China CSI 300 -49,88%; Taiwan Taiex -13,95%; Kospi (indice coreano) -27,37%.
Le perdite sono cominciate il 27 febbraio scorso, quando la borsa di Shanghai ha subito una perdita di nove punti percentuali, subito seguita dalle altre borse asiatiche: è un crollo dovuto soprattutto alla paura della recessione statunitense (il dollaro continua a indebolirsi) e dal fatto che il prezzo del petrolio sia continuamente fuori controllo (in questo senso non sono incoraggianti le parole di re Abdullah dell’Arabia Saudita, che anzi sottolinea come i prezzi attuali del greggio sono ancora bassi rispetto alle altre fonti di energia). Ora gli azionisti sono pronti a vendere a un prezzo più basso sui mercati asiatici per limitare le possibili perdite, che alcuni esperti stimano pari a 1,5 trilioni di dollari.