Le Borse si interrogano sull’inatteso taglio dell’1,5% ai tassi di interesse di riferimento da parte della Banca d’Inghilterra e reagiscono subito benissimo sperando che possa esserci qualche sorpesa in questo senso anche da parte della Bce. Invece i signori di Francoforte non hanno abbandonato la loro proverbiale prudenza, malgrado la situazione sia ormai quasi ovunque indirizzata verso la recessione, e hanno mantenuto la loro politica dei piccoli passi, con un taglio di 0,50 punti dei tassi, come previsto da tutti gli analisti, portando il tasso di riferimento a 3,25%. La Banca centrale inglese invece, ha lasciato tutti di stucco con un abbassamento molto più forte del previsto, i tassi sono stati portati al 3% dal 4,5%, gli economisti si aspettavano una riduzione dello 0,5% a 4%. I mercati finanziari scommettevano per lo più in un taglio di 75 punti base, mentre in un sondaggio Reuters dello scorso 4 novembre, 45 economisti sui 62 interpellati prevedevano un taglio di 50 pb, 7 vedevano un taglio di 75 pb e 10 lo prevedevano di 100 pb.
recessione
Euro guadagana terreno sul dollaro in attesa delle elezioni presidenziali e delle decisioni della Bce
L’euro e le altre divise ad alto rendimento, come la sterlina britannica, stanno guadagnando terreno contro il dollaro, mentre lo yen è in flessione, sulla
Per gli USA una settimana divisa tra PIL e taglio dei tassi di interesse
La settimana che inizia oggi chiuderà il mese di ottobre e la domanda che adesso tutti gli investitori si pongono è se potremo assistere ad un rimbalzo o se il crollo è destinato a proseguire. Questo mese i listini hanno perso circa il 25%, facendo registrare la performance peggiore dall’ottobre 1987. I mercati negli ultimi giorni di contrattazioni hanno subito pesanti perdite a causa dei segnali di rallentamento che le economie ci stanno fornendo. La recessione è data per scontato, ora ci chiediamo quanto possa durare e quali cali porterà. Anche questa settimana gli occhi saranno quindi puntati sui dati macroeconomici e sulle mosse della Fed. Saranno poi pubblicate le trimestrali di alcune grandi società, queste ultime però difficilmente riusciranno ad influenzare l’andamento delle contrattazioni. In merito alle trimestrali è infatti necessario sottolineare che ormai il mercato è concentrato esclusivamente sui mesi a venire, mesi considerati di forte discontinuità con quelli appena passati.
L’incubo recessione fa sentire il suo peso sulle borse di tutto il mondo
Il sollievo per le minori tensioni sul mercato del credito è soffocato dai dati macro. Il 24 ottobre è il venerdì nero di un mese dalle tinte scurissime, in cui sono stati bruciati centinaia di miliardi di euro di capitalizzazione sulle Borse mondiali. Adesso, come ampiamente previsto da tutti gli esperti, è la recessione a fare paura, generando ondate di vendite, che lasciano spiazzati persino gli operatori. La crisi ha intaccato ormai anche l’economia reale e si rifletterà inevitabilmente sull’occupazione, i consumi, gli investimenti e i bilanci delle imprese. A questi livelli, i mercati scontano un peggioramento della congiuntura prolungato e severo. I dati macro rilasciati in queste settimane non sono incoraggianti.
Dollaro in rialzo sullo yen sui forti timori di recessione globale
Il dollaro è in salita rispetto allo yen sulla scia del calo dei mercati azionari penalizzati dai timori che se, da un lato, il settore
La recessione a livello mondiale è quasi certa secondo le previsioni dei gestori dei fondi
All’inizio di ottobre il pessimismo degli investitori è aumentato ulteriormente, portando i gestori fondi a prevedere una recessione a livello mondiale. E’ questo il risultato del sondaggio mensile di Merrill Lynch presso i fund manager, che indica come i gestori preferiscano il contante agli impieghi alternativi. L’indagine, effettuata prima delle ultime misure di salvataggio dei governi, mostra una decisa riluttanza degli investitori a detenere azioni, anche se sono considerate a buon mercato. Gary Baker — capo di Merrill della strategia sull’equity per Europa, Medio Oriente e Africa — ha sottolineato come il sondaggio sia il più pessimistico nei dieci anni di storia del report.
Non c’è discussione. E’ incredibilmente negativo.Tutti sono ribassisti sullo scenario macro
La recessione spaventa i mercati. Una sintesi dei dati provenienti dagli USA
I mercati tornano a crollare. La scorsa settimana il rischio era di trovarci nel mezzo a una paralisi dei mercati del credito, oggi i dati macroeconomici ci fanno intuire di essere di fronte ad una probabile recessione. I dati sulle vendite al dettaglio, lo stato dell’industria a New York, il beige book della FED sono stati i fattori che hanno portato di nuovo pessimismo mettendo in ombra tra le altre cose i buoni risultati di JPMorgan, Coca Cola e Intel, nonchè l’ulteriore calo dei tassi interbancari; un discorso a parte merita l’inflazione. Sembra ormai troppo tardi per evitare la recessione.
Per l’economia USA il peggio potrebbe non essere passato. I fatti più rilevanti della prossima settimana
Continua ad essere estremamente incerto lo scenario economico mondiale e la settimana che sta per iniziare si preannuncia segnata dallo spettro della recessione. L’approvazione del piano di salvataggio da parte della Camera dei deputati non ha infatti fugato i dubbi riguardo la capacità del sistema di riuscire a riprendersi senza ulteriori sconvolgimenti. Mancano i dettagli sulle modalità con cui verranno acquisiti gli asset “tossici” e i tassi interbancari continuano a salire, con il Libor e l’Euribor a livelli record. Senza un ritorno alla normalità del mercato del credito sarà difficile riuscire a scongiurare conseguenze sull’economia reale. Particolarmente significativo il dato sul mercato del lavoro USA che ha fatto segnare il peggior calo da 5 anni a questa parte: 159’000 unità in meno nel solo mese di settembre. Sempre più economisti pensano che il dato proveniente dal mercato del lavoro sia soltanto il primo di una serie di cifre al ribasso.
Zapatero mette la sordina al suo ministro dell’economia a proposito della crisi economica
Sul fatto che la grave situazione economica spagnola sia giunta ad un passo dalla recessione sembrano ormai d’accordo quasi tutti; economisti, politici, industriali, istituti di ricerca, mass media. Tutti tranne forse uno, il premier Zapatero, che fino a due mesi fa, cercava disperatamente di negare addirittura che il paese fosse in crisi economica. Ma è difficile negare l’evidenza e quindi alla fine anche lo stesso Zapatero si è dovuto inchinare ad ammettere che anche il suo paese era in crisi, aggiungendo pero che sicuramente le sue importanti misure in materia economica avrebbero portato miglioramenti già alla fine dell’anno (mentre fino ad ora la situazione sembra volgere sempre più al peggio). Ecco perché quando ieri il ministro dell’economia spagnola Pedro Solbes ha ammesso, in una intervista, che la Spagna potrebbe essere molto vicino alla recessione, sulla base di dati incontrovertibili, il premier ha pensato bene che era l’ora di richiamare all’ordine anche il suo illustre vicepresidente e di assumere le sue responsabilità in proprio.
Per il Giappone la recessione è quasi certa, dubbi sulla politica monetaria mentre il dollaro recupera sullo yen
Ancora brutte notizie dal Giappone: nell’ultimo trimestre l’economia nazionale è arretrata del 3% a causa soprattutto dei consumi e del calo delle esportazioni. Nel secondo trimestre dell’anno si è quindi avuta un’accelerazione verso il basso, cosa che ha stupito in quanto le attese erano per un calo annualizzato del 2,4%. Nel primo semestre invece il calo è stato dello 0,7%, questo è il dato peggiore dal 2001, anno di recessione per l’economia giapponese. Scendendo nei dettagli possiamo dire che a soffrire sono stati in particolare i consumi, scesi dello 0,5% sia quelli delle imprese che quelli dei consumatori. I consumatori hanno poi assistito a causa dell’inflazione ad una perdita di potere di acquisto dei loro stipendi.
Secondo gli esperti di Goldman Sachs il petrolio continuerà a salire
Goldman Sach mantiene le proprie previsioni rialziste sul petrolio, nonostante il recente considerevole calo dei prezzi in un contesto di modesta crescita economica globale. In una ricerca la banca d’affari conferma infatti le stime sul greggio Usa leggero WTI per il quarto trimestre 2008 a 130 dollari al barile e sul 2009 a 140 dollari. Non si parla più dei 200 dollari preconizzati solo due mesi fa, ma comunque sempre un buon 20% in più delle attuali quotazioni intorno ai 105 dollari al barile. Insomma il sentiment sul petrolio rimane rialzista anche se molto dipenderà dalla tenuta della economia mondiale, che da più parti sta dando segnali poco incoraggianti. Se l’economia mondiale infatti, cadesse in recessione i prezzi del petrolio potrebbero scendere anche sotto la soglia dei 100 dollari, afferma nella ricerca l’economista Arjun Murti.
Dopo i timori sulla Spagna anche la Gran Bretagna potrebbe essere vicina alla recessione
Sul fatto che la situazione economica e finanziaria a livello mondiale sia ancora molto difficile non esiste dubbio alcuno, mentre sono ancora molte le discussioni fra esperti ed economisti a proposito dei rischi di recessione o meno a livello globale. Negli Usa, dopo i dati sulla crescita del Pil dell’ultimo trimestre questo pericolo per ora sembrerebbe scongiurato anche se il numero di disoccuppati ad Agosto è salito al 6,1%. In Europa, invece, la situazione potrebbe essere anche più critica sopratutto se si considera il fatto che anche in Gran Bretagna i segnali di una possibile recessione stanno via via aumentando di pari passo con le difficoltà sempre più crescenti del suo primo ministro Gordon Brown. Solo qualche giorno fa il ministro delle finanze Alistair Darling aveva rilasciato dichiarazioni molte allarmate sullo stato dell’economia. Ora alcuni dati non fanno presagire nulla di buono. Primo fra tutte quello sulle vendite si auto, in Agosto si è raggiunto il livello più basso da quarant’anni. La mitica Aston Martin nel mese di Agosto ha venduto solo 19 auto in tutto il paese, registrando una caduta nelle vendite del 67%, ma cnhe Land Rover con un -57% e Jaguar con un -41% non possono certo sorridere. Poi c’è da registrare il crollo del mercato immobiliare. Il prezzo della case, infatti, secondo gli esperti è calato del 12,5%.
Secondo gli esperti la Spagna sarebbe ad un passo dalla recessione
La Spagna, il paese in Europa che forse maggiormente sta subendo il peso della crisi scatenata dai mutui subprime giusto un anno fa, potrebbe essere davvero ad un passo dalla recessione. Secondo Funcas, la fondazione delle casse di risparmio spagnolo, infatti, già in Novembre la Spagna potrebbe entrare ufficialmente in recessione, malgrado gli interventi di politica economica promossi dal governo iberico. Secondo le prime indiscrezioni trapelate su una ricerca che presto sarà pubblicata, la Spagna decrescerà addirittura dello 0,5% il prossimo anno su base annuale, entrando però come detto già in recessione alla fine del 2008, quando il Pil per la prima volta dal 1992 avrà un andamento di crescita negativa. Ma a pensarla cosi non è solo la fondazione Funcas ma molti altri istituti di ricerca che però preferiscono mantenere ancora un profilo basso, non azzardando previsioni in un momento talmente delicato.
Ocse: Eurolandia ed Italia ad un passo dalla crescita zero
Jorgen Elmeskov, capo economista dell’Ocse (Organisation for Economic Co-operation and Development) presenta il dato negativo del pil italiano registrato per l’anno 2008 passando dallo 0,5% allo 0,1%. In ribasso anche le aspettative euro (all’1,7% di giugno all’1,2% di oggi) , con una Germania in completa recessione ridotta dall’1,9% all’1,5%, la Francia per suo conto perde lo 0,8 % passando dall’1,8% all’1%. La controtendenza degli Stati Uniti fa registrare un segno positivo salendo da 1,2% a 1,8%. Le cause della recessione sono varie, sottolineano i tecnici dell’Ocse nel rapporto intermedio sulle prospettive economiche dei Paesi dell’organizzazione, dal completo segno negativo del settore immobiliare alla continua crescita delle materie prime. Viene messa in luce una debolezza delle attività nei prossimi mesi fino alla fine dell’anno, ed i dati confermano un’immagine particolarmente incerta. Nell’analisi tecnica l’inflazione cresce e di pari passo la crescita dei prezzi in Italia cresce arrivando al 4,1%, stimati al 4,8% in linea con il tasso di inflazione dell’Europa. Il caro petrolio ha segnato (sempre per il mese di luglio) +22,5% e il +19,3% a giugno, i prezzi alimentari +7,2% , +6,5% a giugno.