Tornano a scendere i listini: forte perdite in USA e Brasile. Giù banche, petrolio e materie prime

 Torna il rosso su tutte le borse mondiali, segnale che l’euforia portata sui mercati dall’acquisto di Fannie Mae e Freddie Mac è durata un solo giorno. E se ieri in Europa il calo c’è stato, ma moderato (perdita massima il -1% di Parigi), stessa cosa non si può dire di Stati Uniti e Brasile. Nel paese a stelle e strisce lo Standard & Poor’s 500 ha perso il 3,4%, segnando il peggior calo da un anno e mezzo ad oggi; in Brasile invece il Bovespa ha lasciato sul terreno il 4,5%. Ma vediamo con ordine cosa è successo.

Wall Street: chiusura in parità, dominano petrolio e mercato immobiliare

 Seduta contrastata a Wall Street: dopo un’apertura negativa i più importanti indici hanno oscillato intorno al livello di parità lungo tutta la seduta. Segno positivo per l’indice Dow Jones, che guadagna lo 0,23%, segno negativo invece per il Nasdaq, arretrato dello 0,18%. Giornata positiva in particolare per i titoli del settore energetico che hanno risentito positivamente dell’andamento del prezzo del petrolio. Se infatti ad inizio giornata il petrolio era in discesa a 113 dollari al barile a causa dei brutti dati riguardanti le prospettive dell’economia europea, poco prima della chiusura delle contrattazioni il greggio si è portato a quota 117 dollari al barile segnando un rialzo del 2%. A spingere al rialzo il prezzo del petrolio è stata la possibilità che si verifichi negli Stati Uniti un nuovo picco negativo dell’offerta in seguito all’arrivo nel Golfo del Messico di un nuovo e disastroso uragano (nel Golfo del Messico si trova la maggior parte delle raffinerie e dei pozzi petroliferi americani).

Fannie Mae e Freddie Mac crollano in borsa sulle ipotesi di un nuovo intervento del Tesoro americano

 Sono giorni di tensione in Borsa per Fannie Mae e Freddie Mac. I titoli dei due colossi dei mutui americani hanno perso circa il 25% nell’ultima seduta a Wall Street arrivando a toccare livelli che non si vedevano dal 1990. Motivo di questo ennesimo crollo sono è la possibilità di un intervento del tesoro americano volto a ricapitalizzare le due aziende per cercare di scongiurarne il fallimento. A scatenare l’ondata di vendite è stata la notizia dell’incontro dei manager con dei rappresentanti del tesoro, cosa che ha dato consistenza a quelle che prima sembravano solo voci. Preoccupa gli investitori il fatto che l’arrivo di nuova liquidità determinerebbe con tutta probabilità un crollo del valore delle azioni o persino, secondo il settimanale Barron’s, una nazionalizzazione e quindi l’eslusione dei vecchi soci.

General Electric si semplifica per spingere la crescita: riduzione servizi finanziari

General Electric si appresta a varare un piano di riorganizzazione interna volto alla semplificazione della struttura aziendale. Obiettivo finale è la valorizzazione dei settori più validi per la crescita per dare nuova spinta al titoli in borsa. La strategia attuale sembra una prosecuzione di quella iniziata già l’anno scorso con la vendita del settore di produzione di materie plastiche ad una società saudita per 11,6 miliardi di dollari.

Le divisioni di business passeranno da sei a quattro: finanza, energia, industria e media. Verranno infatti combinate le attività di credito a consumo per la clientela privata con i servizi finanziari per le imprese; dalla divisione infrastrutture verrà tolta la sezione attinente la produzione di energia e la parte restante verrà unita alle attività dell’area di produzione di beni di consumo e a quella per le attrezzature sanitarie. Infine resterà la divisione media NBC Universal. Interessante in particolare la nascita della divisione energia, molto promettente in quanto a tassi di crescita e la riduzione del peso dei servizi finanziari all’interno del gruppo (peso che nel 2010 sarà del 40% sul totale delle attività).